Giobbe by Joseph Roth

Giobbe by Joseph Roth

autore:Joseph Roth [Roth, Joseph]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2016-12-06T23:00:00+00:00


IX

La sera del quattordicesimo giorno di navigazione fu illuminata dalle grosse palle infocate che venivano sparate dai fari galleggianti. «Ora appare la statua della libertà» disse a Mendel Singer un ebreo che aveva già fatto questo viaggio due volte. «È alta centocinquantuno piedi, nell’interno è vuota, ci si può salire. Intorno alla testa porta un’aureola. Nella destra tiene una fiaccola. E il più bello è che questa fiaccola di notte è accesa, eppure non può mai consumarsi del tutto. Perché è solo illuminata elettricamente. Prodigi del genere fanno in America».

La mattina del quindicesimo giorno furono sbarcati. Deborah, Mirjam e Mendel stavano stretti l’uno all’altro perché temevano di perdersi.

Vennero degli uomini in uniforme, a Mendel sembrarono un po’ pericolosi sebbene non avessero sciabola. Alcuni portavano vestiti candidi e avevano l’aria per metà di gendarmi e per metà di angeli. Questi sono i cosacchi d’America, pensò Mendel Singer e guardò sua figlia Mirjam.

Furono chiamati in ordine alfabetico, ciascuno si accostò ai propri bagagli, non li trapassarono con aste acuminate. Forse si sarebbe potuto portare anche Menuchim, pensò Deborah.

A un tratto ecco Schemarjah dinanzi a loro.

Tutti e tre trasalirono allo stesso modo.

Rividero a un tempo la loro vecchia casetta, il vecchio Schemarjah e il nuovo Schemarjah, detto Sam.

Videro Schemarjah e Sam insieme, come se un Sam fosse stato calato sopra uno Schemarjah, un Sam trasparente.

Era sì Schemarjah, ma era Sam.

Erano due. L’uno portava un berretto nero, un vestito nero e stivali alti, e i primi morbidi peletti neri spuntavano dai pori delle sue guance.

Il secondo portava una giacca grigia chiara, un berretto candido, come il capitano, larghi pantaloni gialli, una camicia sgargiante di seta verde e il suo viso era liscio come una nobile pietra sepolcrale.

Il secondo era pressappoco Mac.

Il primo parlava con la sua vecchia voce, – udivano solo la voce, non le parole.

Il secondo dava una gran manata sulle spalle di suo padre dicendo (e ora soltanto udirono le parole): «Hallo, old chap!» e non capirono nulla.

Il primo era Schemarjah. Ma il secondo era Sam.

Sam baciò prima il padre, poi la madre, poi Mirjam. Tutti e tre sentirono l’odore del sapone da barba di Sam, che sapeva di bucaneve e anche un po’ come di acido fenico. Li fece pensare a un giardino e allo stesso tempo a un ospedale.

In silenzio si ripeterono un paio di volte che Sam era Schemarjah. Allora soltanto si rallegrarono.

«Tutti gli altri» disse Sam «vanno in quarantena. Voi no! Mac ha sistemato tutto. Ha due cugini che sono impiegati qui dentro».

Una mezz’ora dopo apparve Mac.

Aveva esattamente lo stesso aspetto di allora, quando era apparso nella loro cittadina. Robusto, chiassoso, sbraitante in una lingua incomprensibile e con le tasche già gonfie di dolci che cominciò subito a distribuire e a mangiare lui stesso. Una cravatta rosso fiammante gli sventolava come una bandiera sul petto.

«Dovete andare lo stesso in quarantena» disse Mac. Aveva esagerato. I suoi cugini erano sì impiegati in quei paraggi, però soltanto per il controllo doganale. «Ma vi accompagnerò io. Non dovete aver paura!».

In realtà non era il caso di aver paura.



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